04.03.2021

Le storie

Breve storia della parola "design"

Cosa si nasconde dietro la parola “design”? Scopriamo insieme la lunga tradizione tra arte e tecnica che ha contraddistinto questo concetto dall’antichità ad oggi.

Usato ed abusato, il termine “design” copre oggi un'ampia sfera di significati che spesso finiscono per travisarne l’essenza. Ripartiamo dunque dalla radice, l’etimologia di questo nome, che già ci dice molto su quello che il design rappresenta e come lo dovremmo leggerlo oggi. Il termine deriva dal latino “signum” che corrisponde all’italiano "segno" e quindi "disegno". 

Fin dall’antichità il disegno è stato il linguaggio prescelto per comunicare un'idea, o, ancor meglio, un piano. Infatti il significato implicito della parola design è proprio l’intuizione di un piano volto a risolvere un certo problema della vita materiale. Nel nome si cela dunque la volontà di architettare, ideare e organizzare un progetto. 

Questo approccio progettuale all’oggetto è anche quello che gli artisti del Rinascimento dedicavano alla realizzazione di un’opera in fieri. Spesso attraverso uno schizzo o un bozzetto essi erano capaci di trasmettere al loro committente la loro idea originaria e il loro piano. Ma, in questo caso, si trattava di comunicare pura arte senza alcun riferimento alla tecnica; per vari secoli, dal Quattrocento fino alla ai primi anni del Seicento, l’ispirazione dell’artista, rappresentata nel suo disegno, tendeva dunque a staccarsi dal processo di realizzazione, dunque dalla realtà materiale e dai problemi materiali.

L’avvento dell'Illuminismo e l’inizio di una più approfondita ricerca scientifica hanno cominciato ad alleviare questa rottura iniziando, per esempio, ad indagare quello che potrebbe forse considerarsi il miglior progetto di design mai realizzato: il corpo umano. Infatti un’altra parola che compare nello stesso contesto e che, se vogliamo, ha più a che fare con l’idea contemporanea di design è "tecnica" che deriva dal greco téchne. Il significato di questo termine in greco è "arte" e si collega alla parola tékton ("falegname"). Questo semplice legame linguistico racchiude l’importanza del materiale informe al quale l'artista, il tecnico, l’artigiano conferiscono una forma. 

Ma il designer è più di un semplice manovale e, allo stesso tempo, non è un artista, perché il suo lavoro parte da problemi formali e si risolve in forme estremamente concrete. Egli è proprio la figura che fa da ponte tra arte e tecnica: colui che ha l’idea e allo stesso tempo ha la conoscenza per individuare la miglior tecnica per realizzarla, sempre puntando a funzionalità ed efficienza. 

Queste poche considerazioni etimologiche dovrebbero costituire una spiegazione abbastanza esauriente della posizione che la parola design occupa nel discorso contemporaneo, dove questa disciplina ha acquisito le declinazioni più varie: experience design, brand design, visual design, design olistico e tante altre. Il buon design oggi è ciò che prevede come soluzione di un problema formale un progetto che coniuga bellezza e tecnica. Ci piace concludere ricordando le parole di Bruno Munari, che interrogato su chi fosse il designer contemporaneo rispose: “Egli è un progettista dotato di un forte senso estetico”.