La commistione che si crea tra la mente e le mani del progettista e il mondo dell’arte è un fenomeno insito nella storia del design del 900, e in questo senso sono state frequenti le partecipazioni delle menti creative del design italiano allo sviluppo dei luoghi dedicati all’arte per eccellenza. Forse non tutti sanno che, per esempio, il Museé d’Orsay di Parigi, culla dell’arte impressionista e moderna situata a pochi passi dal lungosenna, è stata tramutata in museo da ex stazione ferroviaria dalla designer italiana Gae Aulenti (Palazzolo dello Stella, Udine, 1927 – Milano, 2012), in un progetto che si svolse dal 1980 al 1986.
Un importante caso di riconversione in museo di un edificio industriale, che apre una finestra su tematiche variegate, dalla reinterpretazione degli usi degli edifici che fanno parte del nostro patrimonio architettonico, al divertente tema delle stazioni parigine tramutate in luoghi per l’arte, come le vecchie stazioni della “petite ceinture”, recentemente rinate dallo stato di abbandono e riconvertite in spazi artistici, ristoranti e luoghi dedicati alla musica.
«Il mio principio era proteggere il meglio possibile l’identità dell’edificio di Laloux senza rinunciare all’identità dell’edificio contemporaneo», spiegava Gae Aulenti. Come conservare al meglio lo spirito della Gare D’Orsay, prendendo atto della sua particolare forma architettonica (la volta a botte), e delle vicende storiche che l’avevano connotata? Inaugurata nel 1900 dall’architetto Victor Laloux, negli anni '40 la stazione non poteva più esercitare la propria funzione a causa delle banchine troppo strette per i treni moderni, e si tramutò in centro di accoglienza dei deportati durante la Seconda Guerra Mondiale. Nei decenni a seguire, funse da suggestiva location cinematografica per grandi registi, da Orson Wells che vi girò Il Processo (1962), a Bernardo Bertolucci, che scelse la Gare d’Orsay per Il Conformista (1970).
La designer restò fedele alla propria formazione, ispirata dagli insegnamenti del suo maestro, l’architetto Ernesto Nathan Rogers, improntati sull’importanza dell’agire prima di tutto come intellettuali prima che architetti, e orientata da sempre verso il sodalizio con altri mondi creativi, in particolare quello del teatro: una passione suggellata dalle scenografie e allestimenti di Gae Aulenti per il regista Luca Ronconi negli anni '60 e '70.
La designer coinvolse infatti una squadra di scenografi e architetti, da Italo Rota a Piero Castiglioni, chiamato per la sua profonda conoscenza delle luci. Del resto, il mondo della luce aveva da sempre affascinato Aulenti, che studiava i materiali a fondo unendoli alla sua sensibilità estetica, culminata nella creazione di pezzi d’arredamento iconici come la lampada Pipistrello disegnata nel '65 per Martinelli Luce.
La sfida del Musée d’Orsay per Aulenti fu ottenere la giusta composizione tra luce naturale offerta dalle grandi vetrate dell’edificio e quella artificiale, per consentire una migliore percezione delle 4000 opere qui contenute. Per valorizzarle, la scelta di una pietra calcarea chiara per i rivestimenti, e grandi pannelli espositivi attrezzati installati in concomitanza delle ex rotaie. Furono studiati percorsi trasversali per consentire al visitatore una libera scelta di itinerario. I corpi laterali della stazione furono trasformati in aree espositive, a cui si aggiunsero nuovi spazi. Al museo c’è un enorme orologio dell'ex stazione che funziona ancora.
Il Museé d’orsay è senza dubbio la creazione più celebre di Gae Aulenti, ma non l’unica nell’ambito museale: risalgono alla stessa epoca l’allestimento del Musée National d’Art Moderne al Centre Pompidou di Parigi (1985), la ristrutturazione di Palazzo Grassi a Venezia (1986), e il progetto per il Museo Nacional d’Art de Catalunya di Barcellona (1996). L’ultima mostra incentrata sul talento trasversale di Gae Aulenti è stata allestita al Vitra Schaudepot nel 2020.