03.08.2022

I famosi

4 Tavoli iconici che hanno fatto la storia del design

Le tendenze vanno e vengono, ma alcuni oggetti rimangono iconici: vediamo insieme la sorprendente (e a volte strana) storia che si cela dietro 4 dei più famosi tavoli di design del secolo scorso.

Tavolo Tulip di Eero Saarinen 

L’architetto finlandese-americano Eero Saarinen aveva obiettivi chiari quando si trattava di progettare mobili: “Il disegno deve essere classico, nel senso di rispondere a un'esigenza spesso ricorrente". Una di queste esigenze emerse a metà degli anni Cinquanta, mentre progettava per Knoll una collezione di mobili da pranzo (chiamata poi Pedestal): con questa nuova collezione cercava di risolvere il problema della "baraccopoli delle gambe" come la chiamava l’architetto, riferendosi ai sostegni poco pratici che osservava nelle sedie e nei tavoli del suo tempo. Elaborò il progetto di una sedia con base a piedistallo che fosse esteticamente bella e funzionale, sostituendo l'intreccio visivo delle gambe con un'unica base, e le diede il nome di Tulip, data la somiglianza con il fiore. Nel 1956, Eero Saarinen creò anche il tavolo che risolveva lo stesso problema delle gambe delle sedie, da usare come tavolo da pranzo o da salotto, formando insieme alle sedie una combinazione di eccezionale praticità e bellezza. Poco dopo la sua introduzione nel 1957, il tavolo Tulip (o Pedestal table) era ovunque, dalle case moderne di tutta la nazione agli interni commerciali.

Tavolo LC6 di Le Corbusier

Uno dei pochi tavoli progettati da Le Corbusier, il tavolo LC6 è un raro classico del suo tempo. Progettato nel 1928 per Cassina da Le Corbusier in collaborazione con il cugino Pierre Jeanneret e la giovane designer Charlotte Perriand, il tavolo LC6 fa parte di una collezione di mobili dalle forme originali e altamente funzionali. È caratterizzato da una base con gambe tubolari rotonde in acciaio, simili ai distanziatori tra le ali di un biplano: l’idea di base del tavolo LC6 infatti risiede nella distinzione tra l’elemento portante e l’elemento portato, ovvero tra il basamento e il piano.‎ L’autonomia delle due parti è evidenziata dai quattro sostegni intermedi che fungono sia da regolatori di livello (può alzarsi fino a 5 cm) che da distanziatori tra il supporto e le linee esili del piano. Un contrasto unico di leggerezza e peso, di volumi e trasparenza. 

Tavolo Nomos di Norman Foster

Il tavolo Nomos, disegnato nel 1987 dall'architetto britannico Sir Norman Foster, è un tavolo multifunzionale progettato per la massima flessibilità, destinato all'uso sia in ufficio che in casa. Come i progetti di edifici di Foster, l'effetto estetico di Nomos si basa sulla sua struttura, in questo caso il telaio metallico angolare per il quale il tavolo è stato spesso paragonato a un'unità di atterraggio lunare. Tuttavia, Foster lo ha anche paragonato al corpo snello e alle gambe lunghe e sottili della cavalletta. Questa analogia anatomica è ripresa nelle "vertebre" del tavolo, la cui struttura ricorda uno scheletro zoomorfo che corre lungo tutta la lunghezza, in grado di accogliere facilmente i cavi e i fili elettrici così diffusi negli uffici e nelle case moderne. 

Tavolo con Ruote di Gae Aulenti

Ironico e irriverente, il Tavolo con Ruote di Gae Aulenti nasce, come tutti i migliori oggetti di design, dall'osservazione. Direttore artistico di Fontana Arte, Gae Aulenti osserva i carrelli industriali che trasportano i vetri in azienda e realizza una fantastica crasi: abbina le quattro eccessive ruote industriali a una spessa lastra di vetro, un omaggio all'azienda specializzata nella produzione di oggetti d’arredamento e nella lavorazione del vetro. Nella creazione del Tavolo con Ruote, Aulenti è guidata da una progettualità intuitiva, nata dall’associazione di strumenti di uso quotidiano e trasformata in prototipo senza passare per il disegno. Una modalità creativa che riecheggia apertamente lo spirito dei ready made di Marcel Duchamp: la natura dell'oggetto e la sua destinazione d'uso si trasformano, seguendo una evidente operazione di contrasto esaltata ancor di più dal dado a vista che fissa le ruote e fuoriesce volutamente dal piano in vetro.