Continuando il percorso di mostre che ha voluto intraprendere nell’ illustrare la vita e l’operato di alcuni dei maggiori progettisti del ‘900, Triennale Milano ci introduce la figura di Angelo Mangiarotti (Milano, 1921-2012), architetto, designer e scultore che ancora oggi ha molto da offrire. Visitabile fino al 22 aprile, l’ esposizione si compone di un’ampia selezione di opere, progetti e documenti che ripercorrono i sessant’anni di attività del designer messi a disposizione dalla Fondazione Angelo Mangiarotti, rivolgendosi agli estimatori di un approccio che sa coniugare “architettura e ingegneria”, come spiega Fulvio Irace, curatore della mostra, e a chi vuole apprezzare estetica degli oggetti e accuratezza dell’allestimento, a cui ha collaborato anche Renzo Piano.
Nato e cresciuto a Milano, ha ottenuto un successo internazionale, come testimonia la vittoria del prestigioso Compasso d’Oro alla carriera nel 1994. Non tutti i milanesi sanno però di vivere quotidianamente nelle opere architettoniche di Mangiarotti: le stazioni ferroviarie di Rho Fiera, Villapizzone, Repubblica, Porta Venezia, Certosa e Rogoredo, per esempio, sono state proprio ideate da lui. In effetti, se ci si appresta a posare lo sguardo con maggiore attenzione si notano elementi unici, dalle forme, ai pilastri, dall’utilizzo di vetri e strutture di ferro e acciaio per le pensiline, sviluppati tutti da studi approfonditi dell’ architetto con schizzi, disegni e dettagli riportati fin dai primi documenti in mostra.Un occhio attento riconosce in questi elementi un linguaggio costruttivo ben definito e preciso che davvero fondano il suo stile, che ne hanno sancito la grande originalità che ancora oggi si ammira e si emula. Lui stesso ha a più riprese riprodotto forte del concetto di ripetizione come rivalsa della loro verità: in architettura, come in ogni attività umana, non vi è libertà se non vi è ripetizione diceva l'architetto. Il tema che possiamo notare essere maggiormente indagato dal progettista meneghino è, senza dubbio, il giunto basato su moduli che si incastrano e che raggiungono stabilità e solidità sfruttando un principio elementare, la forza di gravità. Il risultato è di una naturalezza (e forse ovvietà) disarmante, perché attraverso forme, soluzioni e paradigmi eleganti, sofisticati e sempre misurati è in grado di soddisfare pienamente le esigenze dell’essere umano.
Altro linguaggio formale ricorrente nella produzione del designer e in mostra è il fungo, a partire dall’inconfondibile serbatoio idrico nella campagna romana del 1961, progettato con Aldo Favini, e che contamina poi le sagome in plastica degli orologi disegnati per Secticon tra il 1955 e il 1965 insieme a Bruno Morassutti, uno dei primi successi sul piano internazionale. Il fungo è anche alla base delle intramontabili lampade in vetro soffiato progettate per Artemide: Saffo e Lesbo, del 1966. L’utilizzo del vetro di Murano fa notare un altro aspetto caratteristico del pensiero e del modo di agire del designer: fondamentali per Mangiarotti e il suo processo creativo è infatti lo studio della materia al fine di poterla utilizzare al meglio e per farne il principio base e fondamentale per scoprire nuovi risultati plastici. Per questo in lui si accostano da una parte una conoscenza iper specialistica della composizione e del comportamento dei materiali e dall’altra la vicinanza a chi con questi materiali ha passato intere giornate in un mestiere antico e rispettato ancora oggi: gli artigiani.
Stando a stretto contatto con i vetrai muranesi, per esempio, arriva a progettare un gancio in vetro capace di incastrarsi ad altri uguali per creare sospensioni leggerissime e eleganti di vetro. Il loro nome è V+V, ganci componibili ancora in produzione, creati per la prima volta nel 1967 per Vistosi ed esposti in modo scenografico in mostra.
Un breve video, ma completo di diversi dettagli e aneddoti, riassume la vita e la straordinaria inventiva dell’ architetto in oltre 60 anni mostrando la sua incredibile e indiscussa abilità nel saper progettare su ogni scala, dal dettaglio all’ edificio in modo competente, cosciente e lungimirante.