27.07.2023

La bellezza della trasformazione

Una breve analisi del concetto di riuso dei materiali nei secoli.

In un’epoca in cui l’idea del riciclo, del riuso e dell’upcycling sono temi sempre più presenti — e a noi di intOndo particolarmente cari in quanto appassionati di arredamento vintage!—, quasi si dimentica quanto, già nell’antichità, il concetto di riuso dei materiali, in particolare marmo e bronzo, fosse un atteggiamento comune, e non privo delle sue criticità e contraddizioni.

Per secoli, nel mondo antico, statue, ed elementi architettonici come le facciate dei palazzi imperiali, composti di materiali preziosi come marmo e bronzo, sono stati regolarmente e volontariamente ridotti in polvere al fine di trarne nuovo materiale da costruzione per ponti, chiese, armi o utensili; e parallelamente, molte opere d’arte e architetture sono state rimaneggiate, modificate, acquistando funzioni e scopi totalmente nuovi attraverso epoche diverse...ne sono esempi i capitelli delle colonne tramutati in acquasantiere, o le latrine di epoca romana che nel Medioevo si tramutano nientemeno che in troni papali!

Tra gli esempi emblematici citiamo il Duomo di Siracusa (nella foto), che sorge nel cuore di Ortigia con la sua elegante facciata barocca e il pavimento in marmo policromo: esploratelo, e scoprirete che la sua struttura ingloba, assai ben conservate, le colonne doriche dell’imponente tempio di Atena, uno dei più celebri templi greci in stile dorico situati in Sicilia, risalente al 480 a.C. Nel VI secolo d.C., una chiesa bizantina ha parzialmente salvato il tempio sovrapponendosi all’originaria struttura trasformandola in una chiesa a tre navate, con mura solide innalzate nello spazio tra le colonne. Probabilmente adibito a moschea durante la dominazione araba del IX secolo, l’edificio è ritornato a fungere come chiesa normanna nel XII secolo, occasione in cui viene costruita una nuova facciata e alzata la navata centrale, al fine di aprire delle finestre per renderla più luminosa.

Il fenomeno del riuso nei secoli ha fatto sì che da un lato opere straordinarie abbiano potuto preservarsi, sovente cambiando la propria destinazione d’uso, dall’altro, complici ragioni pratiche, ideologiche o di semplice sopravvivenza, che un gran numero di opere sia andato distrutto per ricavarne materia prima. Quest'ultima appare come un'ipotesi oggi impensabile, ma nel mondo antico i concetti moderni di tutela e preservazione dei beni culturali dovevano ancora emergere e svilupparsi.

La storia dell’arte attribuisce a Raffaello (Urbino, 1483 - Roma, 1520), il ruolo di primo soprintendente della storia; in un momento storico in cui la prassi di riutilizzare frammenti di edifici antichi era all’ordine del giorno, l’artista intendeva mettere fine al riuso del materiale romano che veniva riutilizzato come materiale edile. Avvalendosi di esperti, Raffaello fu il primo a svolgere una mappatura dei monumenti di Roma — in particolare quando gli fu commissionata la ricerca dei marmi per il cantiere della basilica di San Pietro — al fine di vietare la distruzione dei materiali e frammenti antichi più importanti rinvenuti nel territorio cittadino, evitando che andassero distrutti o riutilizzati come materiale da costruzione.

La riflessione sul valore del riuso dei materiali nella storia è automaticamente un'interessantissima riflessione sulla contemporaneità dell’arte antica, sulla sua "sdrammatizzazione" dallo stato di sacralità, purezza e unicità a uno stato di continuità; un’opera può essere dimenticata per millenni, sepolta, per poi riaffiorare nel tempo presente con un volto inedito, racchiudendo in sé molteplici significati. Attorno a questo tema si è sviluppata la recente mostra "Recycling Beauty", di scena lo scorso settembre presso la Fondazione Prada di Milano, rassegna che proponeva una riflessione profonda sul tema del riuso, raccogliendo dalle collezioni pubbliche di musei italiani e internazionali una scenografica panoramica di reperti classici: statue, busti, urne, lastre marmoree, fregi, sarcofagi ed elementi decorativi, tutti accomunati dal fatto di aver subito spostamenti, modifiche e assunto diversi utilizzi attraverso i secoli.

Tra questi la Minerva Orsay, statua apparentemente intatta, che è in realtà un suggestivo mix: il suo torso risale all'impero di Adriano, mentre testa, mani e piedi in bronzo sono una aggiunta del '600, poi sostituiti nel '700 da elementi in marmo. In mostra spiccava poi una monumentale scultura di 11 metri del Colosso di Costantino, che in origine sorgeva nella Basilica di Massenzio: l'opera è in realtà una ricostruzione attualissima, tratta da elementi dell'originale ritrovati. Il fatto stesso di essere protagonisti della mostra nel 2022 ha dato nuova visibilità, volti e significati a ognuna di queste opere. Un viaggio temporale che parte dall’antichità passando per il Barocco e arrivando fino all’età moderna; uno spunto per riflettere sul mondo odierno e su quanto di salvabile ci possa essere nei materiali che scartiamo nella nostra quotidianità.