Descrizione dell'oggetto
Consolle in legno scolpito e dorato. Poggia su quattro sostegni a doppia curva contrapposta terminante in corpose volute a ricciolo trattenute da mascheroni; sulle volute superiori poggiano delle cariatidi femminili intagliate a tutto tondo. Il raccordo delle gambe è realizzato da volute terminanti in un’altra protome femminile, qui volta verso l’alto, con coppia di petali e foglie d’acanto a farne da quinta. La fascia sottopiano è centrata da un cherubino intagliato posto entro volute architettoniche. Sui fianchi semplici volute intagliate; i motivi intagliati a lambrecchini che decorano l’arredo presentano pendenti scolpiti come nappe di tenda. Piano sagomato lastronato in breccia medicea poggiante su una modanatura. Questa consolle, riconducibile a una fase avanzata del barocco toscano grazie al confronto con altri esemplari di probabile produzione fiorentina, trae ispirazione da prototipi barocchi romani, condividendo con questi ultimi la corposità di parte delle volute, l’alta minuzia e qualità nell’intaglio, seppur con un disegno dalla resa più “leggera” e meno pomposa. In particolar modo, le espressioni e la matericità delle teste muliebri trovano bei riscontri all’interno della produzione toscana con un focus sulla città di Firenze. Ad esempio, il disegno della parte superiore dei montanti e della fascia sottopiano è molto simile a quello riscontrato in una consolle toscana del medesimo periodo e conservata al Quirinale, proveniente con buona probabilità dal gruppo di arredi appartenuti a Umberto II di Savoia (González-Palacios, 1997). Altri elementi interessanti per un confronto sono i piedi a mascheroni con terminazioni a volute, analoghi a quelli di un tavolo parietale in collezione privata realizzato da ebanisti fiorentini tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo (González-Palacios, 1986), e gli ornamenti scultorei a labrequins (o frange/pendenti) rilevati anche all’interno dell’apparato decorativo di una consolle lucchese di Palazzo Sardi, datata al 1733 e attribuita a un anonimo intagliatore torinese (Colle, 2009). Degna di nota è la posizione sfalsata delle gambe posteriori rispetto a quelle anteriori, accorgimento adottato per permettere la visione frontale delle protomi femminili poste in secondo piano. Inoltre, la tipologia di marmo utilizzato per la lastronatura del piano, ovvero la breccia medicea, costituisce un altro indicatore di provenienza della nostra consolle, la quale, in conclusione, ben si inserisce in quel “periodo che va dalla scomparsa dell’ultimo Granduca mediceo nel 1737 all’arrivo a Firenze di Pietro Leopoldo nel 1765, […] assai poco noto nel campo che ci riguarda anche perché le opere allora eseguite non furono molte”, così come affermato dallo storico dell’arte Alvar González-Palacios (González-Palacios, 1997). Bibliografia di confronto: González-Palacios A., I Mobili Italiani. Il patrimonio artistico del Quirinale, Electa, Milano, 1997, p. 179, fig. 55. González-Palacios A., Il Tempio del Gusto. Le arti decorative in Italia fra classicismi e barocco, La Toscana e l’Italia Settentrionale, Longanesi&C., Milano, 1986, Tomi I-II, p. 29, fig. 9 (Tomo II), fig. VI (Tomo I). Colle E., Il Mobile Lucchese. Dal Cinquecento all’Ottocento, Maria Pacini Fazzi editore, Lucca, 2009, p. 134, Tav. XLII.
ID: 2096-1704817400-80025
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